Da qui parte la corsa per Palazzo Chigi

Da qui parte la corsa per Palazzo Chigi

Intervista rilasciata da Enrico Letta a Federica Fantozzi, pubblicata su l’Unità lunedì 3 dicembre 2012 – Le primarie del centrosinistra, il ballottaggio tra Bersani e Renzi e la netta vittoria del Segretario PD. Dal secondo turno sono emerse ancora più nette le caratteristiche della leadership bersaniana.

Enrico Letta, rispetto al primo turno il divario tra Bersani e Renzi è aumentato di parecchio. Che cosa è successo in una settimana?

«È emersa la forza della candidatura di Bersani che noi avevamo già individuato come il leader che unisce, aggrega, convince. Intorno a lui si sono uniti moltissimi che non lo avevano votato al primo turno. I sostenitori di Nichi Vendola. Ma anche qualche renziano deluso».

Significa che hanno influito sui risultati le polemiche sulle regole degli ultimi giorni?
«Sicuramente. Sono state polemiche eccessive e credo che qualcuno si sia disamorato. E Renzi alla fine ne ha pagato lo scotto».

Mentre il segretario ci ha guadagnato?
«Il secondo turno è stato più importante del primo perché ha dato al Paese l`idea delle caratteristiche più forti della leadership bersaniana. Ha lavorato con calma, serenità e concretezza. Senza cadere nel tranello delle provocazioni. Per Bersani è stata la consacrazione completa. Adesso si candida a guidare il Paese».

Da domani cosa cambia?
«Questo risultato chiude ogni polemica. Basta titoli dei giornali su questioni minori, come 100mila votanti in più o in meno. Si capirà che il dato politico è un altro. Si delinea l`agenda per la campagna elettorale. La road map di dicembre, tanto per cominciare».

Prima tappa?

«Cominciare subito a costruire il profilo della candidatura alla premiership attraverso il programma e l`indicazione delle grandi priorità. Questione sociale, economica, lavoro».

Renzi comunque si è messo in gioco, ha portato moltissime persone ai gazebo, ha rappresentato un`iniezione di vitalità per il Pd. Lo lascerete tornare a fare il sindaco di Firenze?
«No, bisogna includere Matteo. È una ricchezza, una risorsa. Bisogna trovare il modo di portare a bordo questo milione di votanti. Ed evitare il rischio di dispersione e di frustrazione».

Renzi ha già detto che non farà ricorsi, ha accettato il risultato e si era impegnato a lavorare a fianco di Bersani. Senza incarichi però.
«Renzi deve stare in squadra. Sì, ha detto che resterà a Firenze, che non vuole premi di consolazione. Ma il risultato di oggi (ieri, ndr) carica anche lui di responsabilità maggiori».

In quale squadra lo vorrebbe? Di partito o di governo?
«Anche nella squadra di governo. Deve venire a Roma. Dentro il progetto deve avere un ruolo prioritario, importante. E credo che questo sia anche il pensiero di Pier Luigi».

Lei dice che Bersani con la vittoria alle primarie si candida a Palazzo Chigi. Di mezzo però c`è la partita della legge elettorale. Mancano pochi mesi alle urne. C`è il rischio che salti tutto?
«Dobbiamo presidiare questo passaggio cruciale. Evitare i pasticci e le trappole di Berlusconi. Pilotare una legge grazie alla quale i cittadini possano scegliere i parlamentari e dove il premio di governabilità sia sufficientemente alto».

Tutto questo però non dipende solo dal Pd. È preoccupato?
«Ora meno. So per certo che una vittoria così netta di Bersani cambierà anche la discussione sulla legge elettorale».

In che modo?
«Non credo che adesso alla Camera si possa creare una maggioranza contro il Pd. Non mi sembra che siano queste le intenzioni di Casini e Fini. Mi sento più fiducioso e al riparo dagli scherzi del Pdl».

Capitolo alleanze. Una delle differenze più forti con Renzi. Bersani è convinto che con il Pd baricentro della coalizione non ci saranno eccessivi sbandamenti verso Vendola o Casini. Secondo lei è uno schema che può reggere alla prova dei fatti? O si rischia di oscillare come un pendolo e di litigare senza costrutto?
«Di certo il risultato è anche a favore dell`opzione di Pier Luigi sulle alleanze. L`alternativa tra i due sfidanti era emersa con chiarezza nel confronto tv e gli elettori si sono espressi di conseguenza. Io credo che Bersani avrà la forza di tenere insieme Sel e Udc e che lo schema funzionerà».

Il rinnovamento è finito o comincia adesso?
«Le primarie di per sé sono state motore di rinnovamento. Sono emersi volti nuovi, anche sul territorio e nei comitati. Vanno valorizzati. Anche quelli mobilitati intorno a Matteo. Direi che è stata la vittoria del rinnovamento sulla rottamazione. E il Pd saprà essere inclusivo».

Chi teme che l`asse con Vendo la porterà a smantellare l`agenda Monti ha qualche ragione?
«Bersani in questo anno ha saputo interpretare in modo corretto, forte e inequivoco la capacità di tenere insieme il governo di emergenza guidato da Monti e un progetto politico per il prossimo quinquennio. Sono certo che continuerà a fare la sintesi tra diverse istanze».

Bersani rimprovera a Renzi di distinguere – almeno fino a ieri – tra «noi» e «loro». È una questione, quella delle diverse anime, che accompagna il Pd dalla sua nascita. Vuol dire che in fondo il partito non ha ancora un`identità compiuta?
«Il Pd, per me, è nato in queste primarie. Una competizione vera, in cui si sono mescolate storie e appartenenze, e le provenienze sono diventate un fatto formale. Una mescolanza che io trovo positiva. Renzi ha vinto nelle «regioni rosse», Bersani è stato sostenuto da molti che non sono ex Ds. Direi che il
Pd è finalmente nato».