Le scelte di Letta tra l’Italia e l’Europa. «Romano ha ragione, bisogna unire»

Le scelte di Letta tra l’Italia e l’Europa. «Romano ha ragione, bisogna unire»

prodi e lettaMonica Guerzoni per il Corriere della Sera del 23 gennaio 2017

Enrico Letta batte un colpo, tra l’Italia e l’Europa. L’ex premier si è tenuto a lungo lontano dalle cronache e dalle polemiche, ma tra poche settimane tornerà in libreria con un saggio (uscirà a metà marzo), in vista dei 60 anni dei Trattati di Roma. Già il titolo — Contro venti e maree. Idee sull’Europa che verrà — rivela le direttrici del progetto, con cui Letta marca con forza la distanza dal governo di Renzi e dai suoi turbolenti rapporti con i vertici comunitari.

«Rilanciare la leadership italiana in Europa e far tornare il nostro Paese protagonista» è il chiodo fisso di colui che molti indicano come probabile sfidante del segretario dem alle prossime politiche. Ma se Bersani cerca un «giovane Prodi», Letta si tiene alla larga da ogni investitura e continua a lavorare alle sue tesi, generate dall’incubo che l’Unione Europea possa davvero finire. «La doppia minaccia esterna può essere persino utile — è l’idea di fondo del libro — Brexit e Trump sono una grande occasione per l’Europa di diventare finalmente adulta. Il 2017 potrebbe segnare una svolta».

Come Prodi, con il quale ha da sempre grande sintonia, Letta vede le crepe della disgregazione minacciare il mondo e, sul piano interno, concorda nel ritenere «non irripetibile» l’esperienza dell’Ulivo: «Romano ha ragione. C’è bisogno di una politica che unisca e che sia il trionfo del noi, non dell’io. Reduci da una lunga stagione di divisioni, adesso dobbiamo ricostruire». Vale per il centrosinistra italiano e vale per l’Europa.

L’idea del libro è scattata all’alba del 24 giugno, dallo choc della Brexit: «Rimasi basito e, per la prima volta, pensai che la Ue fosse diventata mortale». Il trauma ha convinto un europeista come lui a rivedere i fondamentali. Ma per quanto sia critico con molte delle strade imboccate da Bruxelles e dai governi nazionali, Letta continua a pensare che «l’Europa resta il nostro futuro». Non è certo intenzione dell’ex premier difendere lo status quo, rigorismo in economia e cecità sul dramma dei migranti. Ma la ricetta di Renzi che «fa della Ue il capro espiatorio su cui scaricare le debolezze italiane» non è la sua. L’Europa, «un’altra Europa», è per Letta l’unica speranza per battere i nazionalismi, purché cambi registro e accetti di «diventare adulta», prima di rivelarsi vecchia.

L’ex deputato del Pd, il quale si è dimesso dal Parlamento per dirigere a Parigi il prestigioso ateneo internazionale SciencesPo e presiedere la Fondazione Jacques Delors, ha concepito il volume come una «operazione complessa» dal punto di vista politico e culturale. Un passaggio chiave di quei «due anni di cammino», raccontati nel capitolo introduttivo, che lo hanno portato a lasciare l’Italia per la Francia e a «ricominciare da zero». Tra le pagine del libro intervista, edito in Italia dal Mulino e in uscita anche in francese, spagnolo e tedesco, i lettori troveranno un rilancio a tutto campo del Letta pensiero. Traspare l’intenzione di riprendere quel discorso politico spezzato nel febbraio 2013, con la traumatica staffetta di Palazzo Chigi. Letta la chiama diplomaticamente estromissione e giura che il libro non è per regolare i conti: «Non torno sulle vicende dello “stai sereno”».

Ma intanto, pagina dopo pagina, scava il solco tra la sua idea del mondo e quella di Renzi. Parla di politica, di Internet, del ruolo dei social media. Difende Mario Draghi. Critica i referendum: «Scorciatoia pericolosa». Offre ricette su euro, disoccupazione, crescita, investimenti, università. E alle migrazioni dedica un pacchetto di proposte per «rovesciare il tavolo» e dimostrare che l’«Europa serve in concreto». Intervistato dal giornalista francese Sebastien Maillard, Letta si rivolge alle giovani generazioni. E se il libro riaccenderà il dibattito sulle sue ambizioni di leadership in Italia e in Europa, l’ex premier si mostra più concentrato sulla formazione delle giovani leve. La Scuola di Politiche da lui fondata e diretta da Marco Meloni arruola ogni anno (gratis) cento studenti, grazie ai quali Letta ha «ritrovato passione ed entusiasmo». L’obiettivo, mai smentito, è portare un giorno in Parlamento una classe dirigente che somigli il meno possibile a quella renziana.