Letta: “Lasciate che Le Pen governi. Soltanto così la rabbia sbollirà”
Intervista rilasciata ad Alessandro Trocino per il Corriere della Sera dell’8 dicembre 2015.
«Mi auguro che il Front national governi e non venga escluso da accordi a tutto campo». L’auspicio può sembrare strano, visto che a parlare è Enrico Letta, ex premier del Pd che ora guida la scuola d’affari internazionali di Sciences Po, a Parigi. E visto che il destinatario è Marine Le Pen.
È un bene che governi nelle regioni? «Intendiamoci: credo che la Le Pen sia un disastro, per la Francia e per l’Europa. Il fatto che poi si stia parlando di un voto a una dinastia familiare e familista, ha dell’incredibile».
Dunque perché sarebbe un bene? «La Francia è una pentola a pressione con un coperchio chiuso. Il successo del Front national è così dirompente anche perché finora quel 27% è stato emarginato ed escluso dal Parlamento».
I socialisti, pur di fermare la destra xenofoba, ritirano i loro candidati. «Li capisco. Ma un fronte dei partiti può essere contro-producente. Se non si trovano valvole di sfogo e democrazie accoglienti, la Le Pen rischia di vincere le Presidenziali».
Molti legano il successo di Fn agli attentati di Parigi. « È un errore. I sondaggi di un mese fa, prima degli attentati del 13 novembre, davano lo stesso esito. Il terrorismo non ha spostato nulla. Il che non vuol dire che integrazione, emigrazione e impatto dell’Islam non c’entrino: ma erano temi già presenti».
Come si spiega allora questo successo? «È un no radicale alla politica tradizionale, fatta di riti, di vecchi linguaggi e di élite».
Si può fare un parallelo con i 5 Stelle? «C’è un tratto comune molto forte: la Le Pen parla spesso di Umps, cioè di un partito unico del centro destra, Ump, e dei socialisti, Ps. Esattamente come fa Grillo, quando cita Pdl e Pdmenoelle. Si pongono contro i partiti. In Francia come in Italia, come nella Spagna di Ciudadanos e Podemos, il messaggio è lo stesso: gli outsider contro il sistema, il popolo contro l‘establishment».
E hanno successo. Perché? «Perché la povertà aumenta e c’è la paura che quel poco di ricchezza si debba condividere con gli immigrati. Questo è il voto di un popolo che sta male e si ribella. Il messaggio è questo: abbiamo provato tutti, tanto vale provare loro».
L’avanzata delle destre mette a rischio l’Europa? «Mette in discussione l’idea stessa di Europa».
Salvini e Meloni esultano. «Hanno poco da gioire. In Francia la destra di Sarkozy è stata durissima con il Fn e non farà mai accordi con loro. C’è un fossato incolmabile».
È la fine dei socialisti? «Hollande ha gestito bene la crisi, facendo risalire il partito nei sondaggi. Ma, certo, i socialisti perdono le elezioni da anni. Il voto punisce la politica tradizionale».
Il populismo avanza. « Il termine è abusato. Ma la gente ce l’ha con le élite. E il populismo antisistema non è mai stato così forte, in Italia. Effetto in parte anche del livellamento di Internet, che consente di raggiungere sempre più persone e fa contare sempre meno le strutture di partito. E i politici di professione».
Lei ha smesso, almeno temporaneamente. « È stata una scelta di vita, non ci possono essere carriere che durano tutta la vita. Parlando in generale, per fare politica bisogna fare una vita normale».
L’Islam è compatibile con le grandi democrazie? Con la secolarizzazione francese, con la laicità europea? O aveva ragione la Fallaci? «Ho molti dubbi sulla tesi della scontro di civiltà. C’è piuttosto un’islamizzazione del radicalismo. Gli attentati sono stati fatti da reietti della società, in Francia e in Belgio, che nella loro follia hanno incrociato l’islamismo. Non è buonismo: il problema vero sono le sacche di esclusione».