Patto partiti-governo per costruire gli Stati uniti europei

Patto partiti-governo per costruire gli Stati uniti europei

Intervista rilasciata da Enrico Letta a Il Messaggero, pubblicata martedì 10 gennaio 2012

L’Europa, la definizione di nuove regole, compiti e strategie, sta diventando la  trincea del governo Monti, il
suo più impegnativo e caratterizzante  terreno d’azione.

È un bene o un male?

«A mio avviso – spiega Enrico Letta scandendo le parole – per il governo, e in generale per tutta la politica.
italiana, si tratta di una grande opportunità».
E anche di un rischio però.
«Al contrario. Proprio sul fronte europeo, in una fase così delicata, l’Italia può fare la differenza. Sotto più aspetti, infatti, è visibile, percettibile il ruolo che il nostro Paese e il governo Monti possono giocare. Lo colgono le persone; l’hanno colto anche gli osservatori internazionali. Basti pensare al Washington Post che solo pochi giorni fa scriveva che da cosa farà il governo italiano in Europa dipende l’economia mondiale. Si tratta di una grande opportunità, non certo di un vincolo. E questo perché ho sempre considerato il governo Monti non come un esecutivo di normale amministrazione, finalizzato a gestire la contingenza
del giorno per giorno: una specie di parentesi di cui molti attendono la chiusura. Secondo me invece questo è un governo che ha un ruolo molto forte, un ruolo da situazione straordinaria».
Che deve impiegare in che modo?
«È venuto il momento che il governo e i tre partiti che lo sostengono scrivano un patto sull’Europa e definiscano l’idea di Europa del 2020 che l’Italia vuole portare avanti».
Un patto? Con quali capisaldi, e per fare cosa?
«Deve essere il patto per costruire gli Stati Uniti d’Europa. In  cui, per intenderci, proprio questa
specifica espressione venga usata senza alcun tabù. Il caposaldo deve essere l’unione politica, economica e fiscale, accanto a quella monetaria, del vecchio continente. Un patto all’interno del quale vengano esplicitati i grandi obiettivi di integrazione di cui oggi c’è bisogno per salvare l’euro e salvarci tutti noi. Oggi bisogna farla».
Concretamente che vuol dire Stati Uniti d’Europa? Che fisionomia, che regole deve avere questa nuova entità?
«Bisogna eleggere il presidente dell’Unione europea; integrare i corpi elettorali più di quanto si sia fatto finora; dare più potere all’Europarlamento. La messa a punto di un patto del genere deve diventare il baricentro della linea politica che l’Italia deve intestarsi. Ovviamente, ripeto, a condizione che un accordo
di tale portata venga sottoscritto da tutti gli attori in campo: il governo Monti appunto e i tre partiti maggiori che lo sostengono. In modo da far sì che l’esecutivo esca da una dimensione di sola emergenza e
straordinarietà, in modo da dargli la forza per fare le riforme che si devono dare di qui al termine della legislatura».
Scusi, ma nella situazione attuale è credibile quello che chiede?
«Penso di si. Non a caso dico che questo patto deve essere siglato oggi, in questo mese di gennaio che è cruciale per l’Europa e per il premier Monti. L’Italia ospiterà a Roma il vertice a tre con Merkel e Sarkozy e
poi il presidente del Consiglio volerà a Londra per incontrare il primo ministro inglese Cameron, senza dimenticare l’Eurogruppo e i summit in agenda. All’interno di questo mese cruciale, prima di questi appuntamenti decisivi, è auspicabile che Monti e le forze politiche che lo appoggiano siglino quel tipo di patto e si impegnino su di esso. Se tutto questo accadrà, ed è il mio augurio, Monti avrà più forza in Europa e sarebbe il primo passo della riconciliazione tra tecnica e politica che ritengo ineludibile».
Che tipo di riconciliazione? E perché?
«Perché questi primi due mesi di vita del governo Monti hanno sancito un eccesso di separazione tra i tecnici i politici. Una situazione che alla lunga rischia di portare male sia agli uni che agli altri. E di portare
male complessivamente al Paese».

Per caso sta chiedendo che nel governo entrino ministri di Pdl, Pd e Terzo Polo?
«Niente affatto. Niente rimpasti, tutto può benissimo e anzi deve restare com’è. Quello che dico è che c’è bisogno di riconciliare quelle due dimensioni. Lo ha detto bene, con nitidezza, Bersani e io sono molto contento che l’abbia fatto. C’è bisogno che il fossato tra tecnici e politici venga colmato. E proprio l’Europa è l’occasione per farlo. Anche perché è una occasione che capita subito. Il suggerimento, l’appello che rivolgo a tutti è che questo diventi il tema dei prossimi giorni. È un modo perché la politica, come ha saggiamente ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio di fine anno, torni centrare. Un modo perché anche il governo dei tecnici possa essere può forte nella Ue per questo grande lavoro che deve fare di guidare un percorso europeo che non può essere lasciato soltanto alla insufficiente coppia franco-tedesca».

E il Pd deve essere il motore di questo patto?
«È un’operazione che funziona solo se tutti e quattro i soggetti sono convinti. Noi, il Pd, dobbiamo essere quelli più convinti di tutti perché l’Europa è il nostro Dna. Noi avremo una Assemblea nazionale il 20 gennaio, lo stesso giorno in cui ci sarà il vertice a tre con Francia e Germania a Roma. Sarà quella la sede migliore e l’occasione per ribadire il nostro impegno europeo».