Meno tasse per quelli del Capranica

Meno tasse per quelli del Capranica

Articolo di Enrico Letta pubblicato su «Europa» il 13 maggio 2010.

Una risposta intelligente e moderna alla crisi e alla necessità di uscirne con un nuovo, più solido, paradigma di sviluppo. L’hanno fornita, lunedì scorso, i piccoli imprenditori, artigiani e commercianti, dando vita a «Rete Italia Impresa», l’accordo che riunisce Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani in un’unica sigla di rappresentanza per le PMI italiane. Dal Patto di Capranica arriva anzitutto questo: un no esplicito alla frammentazione e una presa d’atto “istituzionale” della complessità delle sfide che attendono il sistema produttivo italiano in questa difficile fase di transizione.

I piccoli imprenditori dimostrano così di aver appreso appieno quella che, a mio avviso, costituisce la lezione più importante della crisi che ci stiamo lasciando alle spalle. Vale a dire l’esigenza di cambiare per sopravvivere e per tornare competitivi. In un Paese come il nostro, nel quale troppo spesso si fatica a mettersi in discussione pur di non rinunciare ai propri interessi particolaristici, «Rete Italia Impresa» rappresenta, dunque, qualcosa di simile a una rivoluzione per milioni di imprenditori e lavoratori. Cambia il modello di rappresentanza. E ovviamente cresce la capacità di interlocuzione della piccola e media impresa e dei territori sia con la sfera dell’intervento pubblico, a tutti i livelli istituzionali, sia con le altre parti sociali e con il mondo dell’intermediazione finanziaria.

A questo salto di qualità è adesso fondamentale dare continuità e risposte concrete in termini di politica economica. Da anni il dibattito pubblico sulla capacità competitiva del sistema Italia ruota tutto intorno alla duplice caratterizzazione del modello della piccola impresa. Da un lato, la sua straordinaria vitalità e flessibilità; dall’altro, l’esigenza di una crescita dimensionale avvertita come indispensabile per permettere alle aziende più esposte di reggere l’urto della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica. La scelta dell’unità della rappresentanza può consentire di valorizzare il primo fattore e di incentivare il secondo, laddove necessario.

In questo scenario, naturalmente, la crisi del lavoro e dell’impresa gioca un ruolo di primo piano. Le difficoltà di accesso al credito, il rapporto complicato con una pubblica amministrazione troppo spesso inadempiente nei pagamenti, le complessità di una burocrazia ancora elefantiaca e bizantina (nonostante i proclami di Brunetta) rendono non più rinviabili quelle riforme economiche che a lungo abbiamo invocato e che potrebbero oggi permetterci di uscire dalla recessione più competitivi di come ci siamo entrati.

A partire naturalmente dalla riforma del fisco: promessa, annunciata, mai attuata dal governo. Da questo punto di vista il Partito Democratico è stato chiarissimo: vogliamo un nuovo sistema di tassazione che premi davvero chi lavora e chi “crea” sviluppo, chi produce e porta avanti la nostra economia. Oggi più che mai, a nostro avviso, dire «meno tasse» significa essere di centrosinistra. Perché, a maggior ragione con la crisi, equità e competitività sono obiettivi non solo complementari ma sovrapponibili. È questo il primo messaggio che lanciamo, dall’opposizione  e nel pieno rispetto dei ruoli di ciascuno, a «Rete Italia Impresa» dopo averne salutato, con favore, la formazione: siamo pronti – a partire dal Progetto Italia 2011 che lanceremo nell’Assemblea nazionale dei prossimi 21 e 22 maggio – a confrontarci concretamente su temi del fisco, del rapporto con gli enti locali, della valorizzazione delle risorse presenti sui territori. Senza tabù e senza timidezze, solo in nome degli interessi del lavoro e dell’impresa. Quegli stessi interessi che sono nel DNA del partito che stiamo costruendo.