Accordo positivo, non fermiamoci solo all’articolo 18

Accordo positivo, non fermiamoci solo all’articolo 18

Intervista rilasciata da Enrico Letta al Corriere della Sera giovedì 22 marzo 2012

Enrico Letta, il Pd è contrario al decreto, giusto?
“Non so cosa farà il governo, ma questa è una vicenda in cui il Parlamento non può essere esautorato. Sarebbe un grave errore: non si tratta di un mero passaggio formale”.

Quanto pesa per il Pd il no della Cgil?
“È un no che pesa molto, soprattutto per i toni in cui è stato espresso. Avrà conseguenze nella discussione politica”.

Nel partito c’è chi, come Stefano Fassina, dice che il governo non ha cercato l’accordo.
“Non condivido questa impostazione. È un testo che è il frutto di due mesi di serrato negoziato: non si può dire che sia il frutto di un’imposizione. Al 90 per cento è un accordo molto positivo e condivisibile. Lì c’è il cuore del nostro programma e c’è anche quello che noi non siamo riusciti a fare in questi anni”.

Quanto al restante io per cento?
“Il passaggio critico è sull’articolo 18. Due parti su tre funzionano: quelle che riguardano i licenziamenti discriminatori e disciplinari. È invece da correggere il vero punto debole, quello dei licenziamenti economici. Lì bisogna applicare in toto il modello tedesco. L’idea di fondo è che se la procedura di conciliazione individua una sfasatura tra i motivi che vengono addotti e la realtà, possa essere prevista l’alternativa tra reintegro e indennizzo, in modo da evitare un abuso di questa norma. Penso che Monti, Pd, Pdl e Terzo polo possano convenire sul fatto che non sarebbe un cedimento, ma  buon senso. Comunque noi dobbiamo valorizzare quel 90 per cento positivo. Come ha detto Napolitano, non fermiamoci solo sull’articolo 18”.

Si aggraverà la tensione sociale?

“Rispetto a questo rischio il governo ha una sola strada: quella di varare dei provvedimenti che gli italiani percepiscano come un miglioramento delle loro condizioni di vita. Non bastano lo spauracchio dell’aumento dello spread o del rischio Grecia per andare avanti. Bisogna dare delle risposte al Paese che soffre e bisogna favorire l’occupazione giovanile, perché i sessantenni possono anche fare dei sacrifici se sanno che serviranno per i loro figli e nipoti”.

Ma il Pd non può dire di no al governo. Esatto?
“Mettiamola così: noi non possiamo dire di no al governo, ma il governo non può permettersi il nostro no. Ciò detto, io credo che l’approdo finale del Pd non possa che essere il “sì” a questa operazione. Ma è evidente che un sostegno obtorto collo avrà conseguenze sul futuro”.

Il Pd si dividerà?
“Siamo a un passaggio cruciale per il Pd, perché siamo di fronte a scelte riformiste che dobbiamo fare senza il fantasma di Berlusconi davanti, e quindi valgono i nostri sì e i nostri no”.

Ci sarà chi voterà in dissenso?
“Senz’altro sarà un passaggio faticoso, ma non dimentichiamo che finora il Pd in ogni fiducia non ha mai perso voti, al contrario del Pdl, e io mi auguro che sia così anche in questo caso”.

D’Alema la invita a una maggiore prudenza.
“Mah, è forse la prima volta che mi capita: di solito vengo spinto a minor saggezza e maggiore imprudenza…”.