Bene, ma in Italia non si voti subito Il dialogo con i moderati resta decisivo
Intervista rilasciata da Enrico Letta a Monica Guerzoni, pubblicata sul Corriere della Sera, lunedì 23 aprile
«Un risultato molto positivo». Enrico Letta non esulta e non si lancia in paragoni arditi con la situazione italiana. La soddisfazione del vicesegretario del Pd per il sorpasso di Hollande su Sarkozy è mista a forte preoccupazione, per un «impressionante dato antisistema» che l’ex sottosegretario a Palazzo Chigi invita a non sottovalutare.
Hollande davanti a Sarkozy, che effetto le fa?
«La cosa che più mi colpisce è che Hollande sia andato molto bene e Sarkozy molto male. Il secondo dato è che oltre il 30 per cento dei francesi ha espresso un voto antisistema e questo fa riflettere sul livello di sfiducia. Lo dico perché spesso si pensa che il nostro caso sia unico e tutto legato agli scandali e all’ignominia della classe politica italiana».
E invece?
«Siamo davanti a una tendenza inquietante, che pone domande alla politica. Per la Francia è la prima volta e il problema è che si tratta di una tendenza europea, quindi anche italiana».
La preoccupa Grillo?
«Non solo. Anche la Lega ha preso una deriva di un certo tipo. Detto questo valuto molto positivamente il sorpasso e lo saluto soprattutto dal punto di vista dell’Europa. Da un anno a questa parte, dovunque si è votato in Europa, i governi in carica sono stati tutti bocciati e mi sembra che Sarkozy si avvii a stare dentro questa regola. Un fatto storico. E in Francia la cosa è ancora più clamorosa, perché interrompe un lungo tempo in cui mai il presidente andava a casa al primo giro».
Siamo nel mezzo della più grave crisi economica degli ultimi decenni. Non basta?
«È normale che chi governa mentre si perdono posti di lavoro sia penalizzato, ma io non credo che sia solo una questione di crisi. C’è di più. Gli elettori puniscono questa gestione dell’Europa, il che riguarda anche noi».
Sogna un’onda lunga? Una primavera progressista?
«Spero che il risultato francese dia una spinta a favore del centrosinistra negli altri Paesi e quindi anche in Italia».
Il segretario del Prc, Paolo Ferrero, prevede che Monti dovrà cambiare la sua politica economica.
«La vicenda di Monti e del governo prescinde dalla vittoria di Hollande o di Sarkozy».
Per Diliberto l’affermazione a due cifre della sinistra unita di Mélenchon è «una boccata d`ossigeno» anche per l`Italia. Bersani non cederà a tentazioni frontiste?
«Il tema di fondo è costruire una larga coalizione che tenga insieme un pezzo importante della sinistra italiana e dialoghi con il nuovo Partito della nazione lanciato da Casini».
E la foto di Vasto, cioè l’alleanza con Vendola e Di Pietro?
«Su questo non mi esercito, legare le presidenziali francesi alla foto di Vasto è troppo provinciale».
Se Hollande vince, al Pd non verrà voglia di andare a votare?
«Non c`è alcuna scorciatoia verso il voto, perché tornare alle urne col “porcellum” e mantenere l`opacità del sistema politico sarebbe il più bel regalo a Grillo».
Davvero non vi seducono le sirene del voto?
«Prima di andare a votare dobbiamo completare la revisione della spesa pubblica, che è la madre di tutte le riforme, restituire ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari e ridurre drasticamente il finanziamento pubblico ai partiti. Chi pensa che si possa chiudere la legislatura senza costruire questi pilastri, auspicati con forza anche dal presidente Napolitano, sbaglia. Il nostro Paese ha la necessità di non esaurire l’esperienza di questo governo».
Monti cambierà strategia in Europa?
«Sarkozy non è stato all’altezza del compito e ha consentito alla Germania di esercitare una leadership basata molto su una agenda tedesca, domestica, della Ue. E questa è una colpa grave, tanto che negli ultimi sei mesi la sua leadership in Europa è stata superata da quelle di due tecnici come Monti e Mario Draghi, alla cui linea tanti si sono aggrappati».
E se Sarkozy dovesse perdere il ballottaggio?
«Bisognerà costruire attorno a Hollande un asse integrazionista che tenga insieme Paesi come Italia, Spagna e Benelux e che controbilanci la spinta tedesca, che comincia a essere il problema dell’Europa».
Un asse per fare cosa?
«Imporre alla Germania tre cose. L’applicazione della lettera dei 12 capi di Stato promossa da Monti e Cameron su crescita e liberalizzazioni, il progetto eurobond con il piano di Prodi e Quadrio Curzio e una grande innovazione di tipo politico».
Quale?
«Senza cambiare i trattati, nominare alla prossima scadenza una stessa persona presidente sia della Commissione che del Consiglio europeo. Potremmo avere finalmente un unico presidente dell’Europa, capace di parlare a nome di tutti».
Un ruolo che sembra fatto apposta per Monti…
«Sicuramente l’Italia avrebbe candidati e chance per questo posto»