Le riforme ci rimettono in gioco

Le riforme ci rimettono in gioco

Intervista rilasciata da Enrico a Lina Palmerini, pubblicata su «Il Sole 24 Ore» di domenica 4 aprile.

«Ci aspetta un periodo di tre anni senza elezioni e senza scadenze congressuali di partito. È un fatto storico nella vita della seconda repubblica e un’occasione unica che non va sprecata. La stella polare è Giorgio Napolitano che ci invita a usare questo “tesoro” al meglio. In questo senso il Pd è pronto a fare la sua parte». Il vicesegretario dei democratici Enrico Letta parla di riforme aprendo la strada al confronto ma bocciando l’idea più gettonata nella maggioranza di un presidenzialismo o semipresidenzialismo.

Allora è un sì al dialogo?
Questa è una sfida soprattutto per costruire il nostro profilo identitario che non può essere ridotto all’anti-berlusconismo. Le riforme saranno il terreno sul quale comunicare agli italiani la nostra idea di paese, un modo per far capire quali sono i nostri obiettivi.

La bozza Violante è ancora sufficiente? Può reggere al “salto” in avanti del premier che promette agli italiani di affidargli l’elezione diretta di un leader?
Credo che nella maggioranza le posizioni siano ancora piuttosto articolate. Certo, la bozza Violante è un testo noto, un punto di partenza ma se dovessi dire quali sono i nostri punti-chiave, ne indicherei quattro: premier forte; nuova legge elettorale; una sola Camera; drastica riduzione dei parlamentari.

Quindi cancellierato, legge proporzionale tedesca, Senato delle regioni: è una conclusione forzata?
È un’ipotesi. E quando si apre una discussione non possono esserci pregiudiziali. Sono convinto, però, che tra tutte – questa – sia quella che serve meglio il nostro paese per la sua struttura, storia e situazione attuale. È anche possibile, poi, trovare soluzioni tutte italiane come fu quella del Mattarellum.

Il Mattarellum è uno dei sistemi preferiti da Bersani mentre il doppio turno è la prima opzione di Veltroni.
Il realismo mi porta a dire che la maggioranza di centro-destra non accetterà mai una riforma elettorale alla francese per il semplice fatto che avvantaggerebbe il centro-sinistra. Insomma, non mi aspetto regali simili e sarebbe velleitario insistere su questo modello.

Aprirete sul presidenzialismo o semipresidenzialismo come propone la Lega?
Il Pd deve essere molto netto nell’evitare un approdo di questo genere. E mi riferisco sia al presidenzialismo che al semipresidenzialismo. Mi rendo conto che la prospettiva possa soddisfare la pancia di un elettorato che crede di poter risolvere tutti i problemi con un uomo solo al comando ma le questioni sono troppo complesse per essere affrontate con scorciatoie. Considerata la nostra realtà politica, c’è il rischio che questa soluzione istituzionale possa diventare il contesto ideale per l’uomo della provvidenza. E tutti sappiamo chi è.

Si creerà un asse privilegiato? Con la Lega o con Fini?

Non penso a interlocuzioni privilegiate ma a una discussione trasparente che non abbia sedi segrete o riservate. Dico questo perché è facile che possa saltare tutto proprio per i tentativi di escludere alcuni e dare ad altri poteri di veto. Invece, a nessuno dobbiamo offrire alibi per boicottare le riforme.

Intanto minacciate un referendum. Non temete di perderlo?
Vede, l’atteggiamento del Pd deve essere quello di puntare a un’intesa e non minacciare già la rottura e, quindi, un referendum. Il tema delle riforme obbliga tutti a lavorare su temi che siano facilmente comprensibili per i cittadini, per questa ragione poco fa parlavo di trasparenza escludendo sedi segrete. Perché nel momento in cui si dovesse arrivare a una rottura, ciascuno farà la sua battaglia su proposte che siano chiare agli italiani.

Le riforme economiche sembrano essere la vostra “condicio sine qua non” per parlare di modelli istituzionali, è così?
Non ci potrà essere una nostra disponibilità a confrontarci in un tavolo istituzionale se prima non si affrontano le riforme economiche e sociali, o se ne verremo tagliati fuori. Fisco, welfare e università sono i cantieri che chiederemo di aprire al centro-destra con l’obiettivo di un fisco premiale per i talenti, per chi lavora, investe e produce e con il contrappeso di un nuovo stato sociale su misura per donne, bambini e piccole imprese.

Bersani ha sottostimato la sconfitta delle regionali?
No, le elezioni sono state a ridosso del congresso con tutte le difficoltà che ci portiamo dalla scorsa legislatura. Le alleanze erano funzionali alla comprensione di queste difficoltà ma è chiaro che non bastano più. Non vinciamo né con lo schema 2006 né con quello 2008. Per il 2013 serve una terza ipotesi.

Un terzo polo?
Questo non sono in grado di dirlo ma credo che le riforme servano anche a questo, a muovere un gioco politico che altrimenti ci consegnerebbe all’appuntamento del 2013 come agnelli sacrificali.

Si evoca già un papa straniero per il centro-sinistra.
Anche un papa straniero, oggi, non ci salverebbe. Non basterà un Berlusconi di sinistra se non ci sarà un quadro politico nuovo.

Riforme: occasione irripetibile, ma parole Berlusconi preoccupano

Il Pd raccoglie l’invito del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sulla necessità di fare le riforme, per evitare di perdere «un’occasione irripetibile». A confermarlo è stato Enrico nel corso di un incontro con gli imprenditori di Termoli in vista del ballottaggio per le comunali dell’11 e 12 aprile. «Credo che sia un’occasione irripetibile, ha ragione Napolitano, bisogna cogliere questa occasione per ammodernare il nostro sistema istituzionale – ha detto Enrico – però allo stesso tempo noi diciamo che c’è bisogno di riforme economiche e sociali per dare lavoro e per dare crescita alle piccole imprese soprattutto. Crediamo – ha aggiunto – che questo lavoro possa essere fatto, ognuno arriverà in Parlamento con le sue proposte, non sedi riservate e segrete, ma la sede pubblica del Parlamento e credo che seguire l’auspicio del capo dello Stato sia un dovere per ognuno di noi».

Tuttavia Enrico esprime preoccupazione per le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi da Parigi. «Bisogna – ha spiegato Enrico – che ci sia da parte della maggioranza la disponibilità ad andare al confronto senza che ci sia un risultato prefissato. Le parole di Berlusconi da Parigi sono in questo preoccupanti perché probabilmente si è fatto condizionare dal luogo dove parlava ma questa grandeur con la quale da Parigi ha lanciato il suo progetto è una modalità che ci lascia perplessi perché si va a discutere di riforme, ognuno disponibile a fare passi avanti e passi indietro. In questo senso – ha aggiunto – mi sembra che l’atteggiamento della Lega e di Fini sia un atteggiamento che dà più garanzie rispetto a quello che oggi abbiamo sentito da Parigi di Berlusconi».

In riferimento poi al progetto di rilancio del nucleare, Enrico ha affermato che Silvio Berlusconi ha un atteggiamento «da mercante di tappeti». «È bene che si sappia anche a livello nazionale – ha precisato – quello che ha detto Berlusconi ieri sera: ha detto che non farà la centrale nucleare a Termoli. È l’atteggiamento che lui definirebbe della politica dei ‘no’ e dei veti che quando lui è interessato a prendere due voti in più lui stesso mette in campo. È  una modalità – ha aggiunto Enrico – quella di annunciare con una mano il nucleare quando è a livello nazionale e quando ha il cappello del locale, del sindaco, di dire ‘non in questo comune’ che da l’idea della scarsa serietà del progetto nuclearista di Berlusconi. Oggi a Parigi fa il nuclearista, ieri sera a Termoli era invece contro la centrale nucleare. Si metta d’accordo – ha concluso – perché questo è un atteggiamento da mercante di tappeti che non è molto serio».