Letta: «Da Parigi parte il rilancio. Grandi partiti tradizionali finiti»

Letta: «Da Parigi parte il rilancio. Grandi partiti tradizionali finiti»

letta ue

Intervista di Monica Guerzoni a Enrico Letta, Corriere della Sera, 24 aprile 2017

Enrico Letta è «contentissimo», convinto che l’approdo di Macron al ballottaggio sia «una svolta per l’Europa». L’ex premier, che a Parigi dirige la Scuola di affari internazionali Science Po, è vicino al leader di En marche e aspetta con ansia il secondo turno: «Il 7 maggio segnerà una larga vittoria di Macron e comincerà quel rilancio dell’Europa che auspico nel libro Contro venti e maree».

Non teme che, sull’onda della paura, Le Pen riesca a ribaltare i pronostici?
«Questo risultato, legittimato da una partecipazione altissima, avviene dopo un evento clamoroso come l’attentato di giovedì, che a detta di molti rischiava di essere il colpo mortale per Macron. Così non è stato. Il dato è inoppugnabile, Le Pen ferma la sua corsa. Il cambio di passo non c’è stato. Non le è riuscita l’operazione di uscire dal solco del padre. Continua a rappresentare una parte importante dell’elettorato francese, ma sempre minoritaria, attorno alla quale tutti gli altri fanno sbarramento. Era così per Jean-Marie Le Pen ed è così per la figlia. Magari non finirà 80 a 20, come nel 2002 con Chirac. Ma la direzione è quella».

Non è troppo ottimista? Il Front è il primo partito.
«Questo 23 aprile è la risposta al 23 giugno e all’8 novembre del 2016, quando l’Europa toccò il punto più basso con il disastro di Brexit e Trump. Grazie alla saggezza dei francesi e al coraggio di Macron, che non è un euro-tiepido e che ha sfidato la paura, la sua vittoria rilancerà l’Europa. Il secondo turno sarà un vero e proprio ballottaggio sull’Europa, pro o contro».

E se vincerà Macron?
«Vedremo un forte rilancio dell’iniziativa dell’Europa sulla base dell’asse franco-tedesco. Sia Merkel che Schulz sono su una linea molto più europea di ieri e tutto lascia intendere che, alle elezioni di settembre in Germania, vinca una linea europeista. La Ue si stava debilitando e sgretolando, distrutta dallo statu quo. Il 2017 sarà l’anno della riscossa, del rilancio auspicato da Draghi. Ho partecipato a vari eventi di Macron a Parigi, nei quali era sempre l’unico che aveva sempre la bandiera europea».

Renzi, che per un breve periodo la mise nel cassetto, non è il Macron italiano?
«Non voglio fare polemiche e non si possono fare parallelismi con la vicenda francese. Prendo questo insegnamento e dico che fare campagna sull’europeismo paga. L’Italia rischia di essere sfasata. Da noi la bandiera dell’europeismo praticamente è rimossa e l’instabilità politica, che rischia di arrivare con una legge elettorale come questa, ci allontanerà dal rilancio che Macron e i tedeschi innescheranno».

La sinistra è morta?
«Il 7% di Hamon è un tracollo da cui i socialisti difficilmente si tireranno su. Mi auguro che la Spd vada bene, ma è una crisi profonda, che riguarda la sinistra e le sue organizzazioni politiche. La gente vota sempre più in una logica di utilità. Quando si è capito che aveva più chance Mélenchon, i francesi hanno lasciato perdere Hamon. I grandi partiti tradizionali sono finiti, perché l’elettorato è di una mobilità impressionante».

Anche Fillon è fuori…
«La destra ha sbagliato candidato e l’errore è stato fatto sul tema dell’etica. Lui è stato arrogante, non ha capito lo spirito del tempo. Il blocco mitterandiano e il blocco gollista sono fuori, nonostante delle primarie aperte che sono state un successo. È una lezione utile da trarre, anche per l’Italia, i partiti tradizionali e le primarie sono morti».