Serve una politica economica d’attacco

Serve una politica economica d’attacco

Intervista rilasciata da Enrico a Carmine Fotina, pubblicata su “Il Sole 24 Ore”, sabato 26 marzo

«Un intervento ad “aziendam” mentre all’Italia servirebbero soprattutto strategie e provvedimenti di portata strutturali». Enrico Letta, vicesegretario del Pd, risponde a Iseo, dove si svolge l’evento “Nord Camp”organizzato dalla sua associazione TrecentoSessanta, e non risparmia critiche alla linea di governo.

La norma che posticipa le assemblee è sbagliata?

Il problema è che si sta solo cercando di guadagnare tempo per fare quello che colpevolmente il sistema Italia non ha fatto negli anni scorsi. Ci si aspettava la risposta italiana alla norma francese di de Villepin, invece la montagna ha partorito un topolino.

Che cosa andava fatto a suo giudizio?

Inizio con ribadire la linea del Pd: sì alla reciprocità,no al protezionismo perché non è certo cambiando le regole in corso che si possono attrarre capitali stranieri. Ma la verità è che si è messa una toppa perché non si è stati capaci di intervenire prima. Paghiamo il lungo vuoto che c’è stato al ministero dello Sviluppo e l’indebolimento del dicastero. Non dimentichiamo che Bondi non è arrivato per caso alla Parmalat, ma dopo un’applicazione straordinaria dei criteri della Marzano-Prodi: le istituzioni già da tempo avrebbero dovuto seguire la vicenda più da vicino.

Lei ribadisce il «no» al protezionismo. Ma è proprio la critica che fu rivolta per i paletti posti all’operazione Telecom-At&t durante il governo Prodi.

Guardi ad essere sincero credo che ogni tanto per difendere l’italianità sia lecito anche intervenire a gamba tesa. In fin dei conti accadde anche nel 2001 con la norma sul congelamento  dei diritti di voto di Edf. La stessa vicenda Parmalat può sollevare dubbi da un certo punto di vista. Ma ripeto che, più in generale, l’Italia dovrebbe cambiare modulo: scontiamo il fatto di giocare a una sola punta.

Prego?

Una metafora calcistica è la più adatta a descrivere la situazione attuale. Il governo è strutturato su un solo attaccante, il ministero dell’Economia, che però gioca in difesa per salvaguardare, giustamente, i conti pubblici. Ma per buttare la palla dentro serve un vero centravanti, che aiuti le nostre medie a diventare medio-grandi e a competere su scala globale. Che faciliti una vera apertura dei mercati, con liberalizzazioni e privatizzazioni. E che adotti una politica industriale delle reti. In campo energetico, ad esempio, si sta aprendo una grande opportunità da non sciupare.

A che cosa si riferisce?

Oggi ci sono tutte le condizioni per arrivare allo scorporo di Snam Rete Gas da Eni. L’esempio dell’Enel è significativo, perché proprio grazie allo scorporo della rete è stata portata a crescere all’estero fino a diventare il grande competitor globale che conosciamo. I margini sul gas nel mercato italiano sono sempre più ristretti, potrebbe essere il momento giusto per una fusione tra Snam Rete Gas e Terna creando un grande player delle reti, potenzialmente anche più forte dell’inglese National Grid. Avremmo un nuovo campione nazionale accanto a  Eni, Enel, Telecom, Finmeccanica.

L’energia è uno dei settori strategici che il governo vorrebbe difendere. È giusto stilare una lista dei settori “protetti”?

Dipende da cosa vogliamo farci. Dico no se è solo per difendersi o evitare scalate, mentre sarebbe saggio definire una serie di settori di punta in cui siamo disposti a favorire operazioni di investimento. Torniamo al punto di partenza: al sistema Paese serve una politica economica d’attacco.