Un manifesto per risollevare l’Europa

Articolo di Daniele Bellasio e Enrico Brivio, pubblicato su Il Sole 24 Ore, martedì 1 novembre

(Leggi sull’argomento anche l’approfondimento di Enrico Letta pubblicato su Il Sole 24 Ore venerdì 4 novembre 2011)

A torto o a ragione i mercati hanno dimostrato ieri di avere tuttora forti perplessità sull’efficacia delle misure italiane per il risanamento dei conti pubblici e il rilancio della crescita. E di certo sta in primo luogo alla politica italiana dare risposte chiare e incisive per fugare i residui dubbi, con la forza dei fatti.

L’Italia sta pagando però anche un caro prezzo per l’incapacità europea di indicare soluzioni definitive alla crisi dei debiti sovrani. I leader europei, nella loro continua ricerca di una soluzione tranquillizzante per i mercati, sembrano Achille alla perenne rincorsa della tartaruga, nel celeberrimo paradosso di Zenone: in luglio, come la settimana scorsa, sembrano avere quasi raggiunto l’obiettivo, nel giorno dell’annuncio di un roboante accordo che inietta entusiasmo agli spread e alle Borse. Ma poi basta qualche giorno – il tempo di andare a studiare i dettagli di un’intesa che rimane per certi aspetti fumosa – per rendersi conto che il rettile si è già spinto un po’ più in là e la fiducia dei mercati è di nuovo sfuggita.

Non è bastato stabilire perdite del 50% per i creditori della Grecia, una ricapitalizzazione delle banche stimata in oltre 100 miliardi e un fondo salva-Stati potenziato fino ad avere una potenza di fuoco di oltre 1.000 miliardi ma in qualche misura ancora indeterminato. Il nuovo Efsf dovrà in parte agire come un assicuratore, e si dovrà in parte appoggiare a un veicolo speciale (Spv) a cui dovrebbero partecipare (ma per quale entità e in quali forme?) Fmi, fondi sovrani e investitori privati.

Di fronte a questo estenuante lavoro di taglia e cuci dei 27 leader europei, che costringe l’Unione a presentarsi all’esame del G-20 di Cannes di giovedì e venerdì con soluzioni ancora non del tutto soddisfacenti, appare chiara l’esigenza di un cambio di marcia. Per questo, Il Sole 24 Ore ha cercato di identificare pochi punti qualificanti che potrebbero permettere all’Europa di fare un vero salto di qualità, disinnescare la crisi del debito sovrano e presentarsi ai partner a testa alta. Certo, ci sarebbero da superare le opposizioni nazionali a devolvere più poteri a Bruxelles e ad abbattere gli steccati che ancora delimitano il mercato comunitario del credito. Restano poi da neutralizzare anche le resistenze tedesche agli eurobond – siano finalizzati a progetti per infrastrutture o che si tratti di emissioni generiche – e a un ampliamento del ruolo della Bce, permettendo all’istituto di Francoforte di agire in modo più efficace per garantire la stabilità economico-finanziaria e favorire la crescita.

Questi cinque punti sembrano nevralgici per uscire dal tunnel della crisi. Muoversi speditamente verso un vero Governo dell’economia, decidendo in fretta se scegliere la strada di un supercommissario europeo, appena intrapresa dall’Esecutivo Ue di José Manuel Barroso, o di un ministro delle Finanze europeo, proposta dal presidente uscente della Bce, Jean-Claude Trichet. Uno strumento efficace per sostenere la crescita, convogliando risorse verso infrastrutture che possono stimolare la competitività, è quello degli Euro project bond, ovvero obbligazioni comuni finalizzate al finanziamento di grandi progetti. Per dissipare i dubbi del mercato appaiono poi preziosi gli Euro union bond, altre obbligazioni che consentirebbero ai Paesi più in difficoltà di rifinanziare a costi più bassi parte del debito, godendo delle garanzie dell’Unione europea e dei partner più virtuosi.

Infine, abbattere i vincoli sul mercato unico del credito che impediscono alle banche di rifinanziarsi nei Paesi dove sarebbe più conveniente. Barriere che permangono, e vengono difese dalle autorità di supervisione nazionali, ma che hanno l’effetto di ostacolare la circolazione dei capitali e il decollo di una vera concorrenza a livello comunitario. Sono cinque orientamenti che potrebbero aiutare l’Europa, che ha avuto l’ambizione di dotarsi di una moneta ma non di un Governo, a uscire dall’età dell’incompiutezza. E a darsi un volto maturo e ben definito, con benefici per tutti.